Casi studio Interessanti
Maltrattamenti sì, ma a patto la sopraffazione sistematica e abituale della vittima sia la regola
Nella sentenza in commento il marito veniva tratto a giudizio con l’accusa di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. a seguito di una querela presentata dalla moglie che denunciava quattro episodi di violenza fisica, morale minacce e ingiurie subiti nell’arco di un anno.
Nel corso del dibattimento, la donna aggiungeva che i maltrattamenti erano iniziati già qualche anno prima, rispetto a quanto contestato nel capo di imputazione e che nella separazione giudiziale medio tempore instaurata, il giudice civile aveva dichiarato l’addebito della crisi matrimoniale al marito, reo di aver violato i più rilevanti obblighi coniugali.
All’esito dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale di Roma,
Sezione Settima Penale in composizione monocratica, non riteneva tuttavia raggiunta la prova dei maltrattamenti in famiglia, dal momento che non era emersa, con ragionevole grado di certezza, la ripetizione di atti di violenza e di sopraffazione abituale e tale da umiliare la vittima e di ledere la sua integrità fisica e morale.
Invero le condotte poste in essere dall’imputato, certamente illecite e lesive per la vittima, erano apparse sporadiche e qualificabili, non come espressione della volontà di causare nelle persona offesa un disagio continuo ed incompatibile con lenormali condizioni di vita, ma come una reazione, certamente abnorme e in alcuni casi violenta, maoccasionata di volta in volta da circostanze peculiari e dovuta alla relazione estremamente conflittuale tra i coniugi.
Escluso il delitto di maltrattamenti in famiglia, il Tribunale di Roma riqualificava pertanto i fatti nell’alveo della fattispecie p. e p. dagli artt. 612 2° comma (minacce aggravate), 581 (percosse), 582 (lesioni), 585, in relazione all’art. 577 c.p. e condannava l’imputato alla pena di mesi cinque di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento del danno morale patito dalla parte civile che liquidava, invia equitativa, in Euro 3.000,00.
Abusi sessuali su minori. Imprescindibili la tempestività nell’acquisizione della fonte di prova e la competenza professionale del primo intervistatore
In materia di abusi sessuali su minori è fondamentale che il racconto del bambino/a sia raccolto nell’immediatezza del fatto e da personale specializzato, munito delle competenze necessarie a conservare la parte più genuina dell’esperienza riferita dal minore.
A tal fine, la prima regola è evitare domande
suggestive, (domande che contengano più o meno implicitamente la risposta), ed evitare atteggiamenti che portino il bambino, a rilasciare dichiarazioni c.d. “compiacenti” (per fare contento l’intervistatore il minore dice quello che secondo lui lo stesso intervistatore vorrebbe sentire).
Altra regola fondamentale è evitare che il familiare accompagnatore interferisca con il racconto del bambino sostituendosi ad esso o imbeccandolo. In questo modo infatti il ricordo rischia di essere irrimediabilmente contaminato, con grave pregiudizio per la prova che deve essere acquisita nell’istaurando processo.
Altro aspetto fondamentale da curare in tali fattispecie è l’attendibilità del minore, sia sotto in profilo intrinseco (coerenza, linearità e logicità della narrazione), sia sotto l’aspetto estrinseco, (il racconto deve essere confortato da altri riscontri esterni come testimonianze documenti etc.).
Nel caso in esame il Tribunale di Tivoli ha assolto il prevenuto, accusato di violenza sessuale continuata e aggravata in danno di una minore (ex artt. 81, 61 n° 11 e 609 ter ultimo comma e comma 1 c.p.), proprio in virtù dei principi testé richiamati: “ ne deriva, ad avviso del Tribunale, un quadro complessivo, dove i difetti qualitativi della raccolta della serie dichiarativa della minore e l’insorgenza di obiettive e serie discrepanze nella loro coerenza interna, impediscono di riconoscere piena affidabilità all’assunto accusatorio, sicché l’imputato deve essere assolto per insussistenza del fatto …”.